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Pirati a Roma per la Rete libera

Il 20 marzo il Teatro Capranica a Roma, dalle 11 alla notte, sarà il luogo per incontri, discussioni, divertimento con blogger, attivisti e artisti della Rete: per un giorno, l’innovazione e la creatività caleranno tra gli stucchi e le colonne di un vecchio palazzo al centro della cittadella del potere, nella Festa dei pirati.

Per un giorno, difensori della libertà di conoscenza, untori di mp3, politici, hacker e amministratori si confronteranno sulle modalità con le quali avviene oggi la produzione e condivisione del sapere. Un sapere profondamente cambiato dalle tecnologie digitali e con il quale tutti dobbiamo confrontarci.

Per un giorno, proveremo a discutere di come siano cambiatati la produzione e il consumo di cultura, di quanto siano obsolete (e di come risultino inefficaci) le norme che regolano il diritto d’autore nel mondo dei bit, di come superare il divario culturale, oltre che di accesso, al sapere digitale, di come respingere al mittente ogni tentativo di limitare la libertà che si esprime attraverso la Rete.

Per un giorno, protagonisti sulla scena non saranno l’ennesimo articolo sui pericoli virtuali o la denuncia di qualche etichetta musicale a difesa dei propri interessi, ma la molteplicità delle produzioni indipendenti, la ricchezza del mix e del remix, la passione del download e dell’upload, le mille gioie della rete.

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Proprietà intellettuale e condivisione della conoscenza

Sono trascorsi pochi giorni dalla sentenza del processo a The Pirate Bay, uno dei maggiori siti di scambio di file via internet (qui un post interessante con successiva discussione).
Di copyright, file sharing, mp3 e pdf che circolano in rete si continua a parlare, non solo in Italia, quasi unicamente per affermare il diritto delle major discografiche o degli editori a difendere i propri interessi economici. Tornerò su questi argomenti; intanto, sottraendoci ai luoghi comuni del mainstream informativo, vi propongo una storia esemplare (passata quasi inosservata sulla stampa), che mostra come la condivisione della conoscenza abbia ben altra portata.

Ilaria Capua, una ricercatrice italiana che dirige il Centro di referenza per l’influenza aviaria dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, nel 2006, in piena “emergenza aviaria”, individua il virus africano della malattia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità le propone di entrare in un “club” di ricercatori che hanno accesso riservato a un database in cui vengono scambiati (ma solo tra coloro che ne fanno parte) i risultati delle ricerche. Consapevole dell’importanza della scoperta compiuta dal suo laboratorio, e degli effetti positivi che una sua circolazione rapida ed estesa può produrre nell’arresto della diffusione del virus, declina l’offerta dell’OMS e inserisce l’esito del suo studio in Genbank, un archivio digitale aperto (nel quale, cioè, le ricerche pubblicate sono di pubblico dominio, accessibili a chiunque, in particolare a tutta la comunità scientifica, senza limitazioni proprietarie o commerciali).
Nel 2007 la dottoressa Capua ha vinto il premio SciAm50 per la leadership in science policy assegnato dalla rivista “Scientific American” e nel 2008 figura tra le cinque “Revolutionary Minds” dell’anno per la rivista americana Seed Magazine.

A proposito di copyright e copyleft, proprietà intellettuale e condivisione della conoscenza il Parlamento europeo può fare molto, ne scriverò prossimamente. Intanto, chi vuole saperne di più, può leggere questo post di Arturo di Corinto e navigare tra i link che trova qui a fianco.

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