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Brutte notizie

Ieri è stata una pessima giornata.

Università suicida

Il Consiglio di Facoltà dell’Università di Tor Vergata ha deciso di chiudere il Corso di Laurea Magistrale dove insegno. Brutto il voto, ma brutta soprattutto la modalità con la quale si è giunti a tale decisione: nessuna analisi dei dati e del lavoro svolto dal nostro e dagli altri corsi, un accordo evidentemente preesistente che ha condotto al voto quasi unanime del CdF (solo 16 voti contrari: 4 docenti e tutti i rappresentanti degli studenti), l’assoluta mancanza di considerazione per gli studenti e le loro opinioni (qui la causa su Facebbok). Il 15 la decisione diverrà operativa con l’invio al CUN dell’offerta formativa della Facoltà: fino a quel momento è ancora possibile sviluppare tutte le azioni per evitare che tale decisione scellerata divenga esecutiva.

Bagni atomici

Dal Senato, intanto, via libera per il ritorno al nucleare in Italia. Con 142 sì e 105 no (sì di Pdl e Udc, no di Pd e Idv) viene data al governo la delega per localizzare i luoghi di costruzione degli impianti, lo stoccaggio del combustibile, il deposito dei rifiuti radioattivi. Ma dove saranno costruite le famigerate centrali? Probabilmente vicino al mare, là dove c’è acqua sufficiente per gli impianti di raffreddamento.

Rei di fuggire dalla miseria

Al ddl sulla “sicurezza” manca solo il voto conclusivo che arriverà con la fiducia di domani. Ieri il primo sì a un provvedimento che ruota attorno alla filosofia perversa di considerare automaticamente responsabile di un reato chiunque (anche un neonato) sia entrato, privo di permesso di soggiorno, in territorio italiano. L’Onu ci attacca e l’Alto commissariato per i rifugiati stigmatizza il governo italiano, le violazioni della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea si moltiplicano. I singoli provvedimenti (ronde, postini-spia, schedature per homeless, detenzione nei cies fino a sei mesi, ecc.) rappresentano un elenco ignobile, ma è il pensiero ispiratore che confligge con qualsiasi idea di umanità e mi fa vergognare di essere italiana.

Disegno di legge “sulla sicurezza”: senza vergogna

Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha dichiarato che chiederà al governo di porre la questione di fiducia al disegno di legge sulla sicurezza, se non avrà la certezza che questo verrà approvato dal voto compatto della maggioranza.

Non vuole correre rischi, il ministro dell’Interno, e pretende che i punti più contestati del decreto, nonostante la doppia bocciatura di Camera e Senato, una volta rientrati dalla finestra del disegno di legge che andrà in discussione alla Camera, non subiscano la sorte già vissuta dal decreto.

Le questioni contestate, anche all’interno della maggioranza, sono quelle relative all’istituzione delle ronde e al prolungamento fino a sei mesi della permanenza nei Cei (Centri di identificazione ed espulsione per gli immigrati).
Ma dal disegno di legge non è ancora certo che scompaiano l’obbligo di denuncia dei clandestini da parte dei medici e la possibilità di “oscurare” i siti web “in caso di accertata apologia o di incitamento” al reato; mentre vi permangono di sicuro altre norme profondamente lesive dei diritti umani, come il divieto di registrare i bambini nati da immigrati clandestini.

Un disegno di legge, se approvato, che violerà apertamente la nostra Costituzione e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, laddove queste vietano qualsiasi forma di discriminazione fondata sul colore della pelle, l’origine etnica o sociale, la lingua e la religione.
Una legge che ci spingerà ancora più in alto nella orrenda classifica degli Stati Europei per violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Classifica che nel 2008 ha visto l’Italia al secondo posto, dopo la Romania: per tali violazioni abbiamo pagato quasi 10 milioni di euro, un quinto di quanto pagato complessivamente dai 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa (fonte: Emigrazione notizie).

Perciò questa mattina sarò tra coloro che parteciperanno al presidio davanti alla Camera dei deputati per manifestare il mio dissenso.

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