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Diritti della rete e tentazioni repressive

Numerosi esponenti del governo, durante la giornata di ieri, hanno invocato misure di controllo e repressione della rete:

“valutiamo di oscurare i siti internet che incitano alla violenza” (ministro Roberto Maroni), “la polizia postale controllerà i siti internet in cui si esalta l’aggressione di Massimo Tartaglia al premier per cercare di risalire agli eventuali responsabili della ‘campagna d’odio’ che corre sul web” (sottosegretario Mantovano), “oscurare i siti in cui si inneggia alla vigliacca aggressione subita dal presidente Silvio Berlusconi” (ministro Andrea Ronchi), “i social network (…) si sono trasformati in pericolose armi in mano a pochi delinquenti che, sfruttando l’anonimato, incitano alla violenza, all’odio sociale, alla sovversione” (parlamentare pdl Gabriella Carlucci).

Un al lupo al lupo dato in pasto alle agenzie e ai massimi organi di stampa, mentre centinaia di migliaia utenti di Facebook si trovavano iscritti loro malgrado, e senza avere ricevuto alcuna comunicazione, a gruppi la cui “ragione sociale” era stata trasformata nottetempo.

Eclatante il caso del gruppo “Solidarietà alle vittime del terremoto in Abruzzo”, cui erano iscritti circa due milioni di persone, che ha mutato il nome in “Solidarietà a Silvio Berlusconi”: furto di identità, utilizzazione illegittima delle opinioni politiche, un vero e proprio attentato contro la personalità di milioni di cittadini che si sono scoperti sostenitori del premier a propria insaputa.

Guido Scorza ne ha scritto puntualmente, e al suo post rinvio per un approfondimento, oltre che per condividere le istruzioni su come “procedere concretamente per reagire in relazione alla vicenda” (Scorza è avvocato e si occupa da anni di diritto della rete).

C‘è da augurarsi che ministri e parlamentari, nonché il Garante per la privacy e l’autorità giudiziaria, orientino la loro solerzia nel difendere i tanti cittadini truffati domenica notte, piuttosto che affannarsi a individuare sistemi per ridurre le libertà di espressione nella rete.

Internet e il popolo della piazza

Il comune sentire delle decine di migliaia di persone che ieri erano in Piazza del Popolo ci servirà per qualche tempo a sapere che siamo in molti, molti più di quanti a volte vorrebbero farci credere.

Ma c’è una domanda che da ieri mi pongo senza riuscire a darmi una convincente riposta.

Perché nelle parole degli oratori che sono intervenuti in Piazza del Popolo, salvo un accenno del costituzionalista Valerio Onida, la rete è stata completamente assente?

Possibile che tra i tanti interventi di ieri non abbia trovato spazio un blogger di coloro che hanno organizzato lo sciopero della rete del 14 luglio scorso, o uno tra quelli (tanti, tantissimi) che hanno contribuito a rendere la manifestazione di ieri quella cosa grande e bella che è stata?

Possibile che in Italia, nel 2009, la difesa della libertà di informare e di conoscere, in un appuntamento come quello di ieri, si limiti a parlare del mondo della carta stampata e della tv?

Gli attacchi alla libertà della rete, negli ultimi mesi, sono stati pesanti e reiterati (per approfondimenti sullo stato delle “leggi di Internet” qui un riepilogo aggiornato). Li ricordo sommariamente:

Art. 60 del decreto S773 C2180 “sicurezza” (Gianpiero D’Alia, Udc): prevedeva l’imposizione ai provider, da parte del ministero dell’Interno, di controllare e filtrare i contenuti immessi nella rete e ritenuti illegittimi;

Disegno di legge C2195 (Gabriella Carlucci, PdL): prevede l’abolizione di ogni forma di anonimato in rete ed estende a Internet le norme sulla diffamazione che si applicano alla stampa;

DDL C2455 diritto all’oblio (Caterina Lussana, Lega Nord): riconosce ai cittadini sottoposti a processo penale la garanzia che, decorso un certo periodo di tempo, le informazioni (immagini e dati) riguardanti i propri trascorsi giudiziari non siano più attingibili da chiunque.

DDL intercettazioni (Angelino Alfano, PdL): nel decreto che limita la possibilità di ricorrere alle intercettazioni a scopi giudiziari e ne restringe la pubblicazione, l’articolo 18 estende ai “siti informatici” l’obbligo di rettifica entro 48 ore;

DDL C881 modifiche al codice penale (Gaetano Pecorella ed Enrico Costa, PdL): estensione ai “siti internet aventi natura editoriale” le norme della Legge sulla stampa in materia di diffamazione, di ingiuria e condanna del querelante.

Ce n’è abbastanza per allarmarsi e considerare la rete oggetto di un’aggressione specifica che andrebbe puntualmente contrastata, senza abbandonare gli utenti e i produttori di contenuti su Internet alla propria autodifesa (si veda, per tutte le iniziative nate in questi mesi, quella di Diritto alla rete, che ha indetto lo sciopero dei blogger del 14 luglio).

Sarebbe stato bello se ieri la difesa della libertà nella rete, il diritto alla condivisione delle informazioni e alla conoscenza, che Internet come nessuna altra forma della comunicazione oggi consentono, fossero stati tra i punti qualificanti degli interventi dal palco.

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