categorie: talenti (spesso) sprecati

Dove sono le donne?

Qualche giorno fa Miren Gutierrez, giornalista dell’agenzia di stampa IPS (InterPress Service) mi ha intervistata su un tema che mi sta molto a cuore e che è, nell’Italia di oggi, di enorme importanza: la presenza delle donne nella politica italiana. A partire dai fatti vergognosi che negli ultimi mesi hanno segnato la vita politica del nostro paese e che attorno alla presenza femminile nella politica italiana (sostanziale? ornamentale? necessaria? accessoria?) hanno stimolato interventi e prese di posizione,  l’intervista ripercorre anche alcune idee del movimento femminista italiano, le sue conquiste e le sue sconfitte.

Ecco i link all’intervista (in due parti):

parte 1

parte 2

Qui in inglese:

parte 1

parte 2

Donne e politica

Ricevo dalle collaboratrici che mi stanno più vicino in questa avventura, e volentieri pubblico.

Per giorni e giorni le pagine politiche dei giornali sono state occupate da nomi (e più spesso) foto di tutte le donne del Presidente, in quella che sembra la versione della questione femminile ai tempi di Berlusconi. Poco si è detto, però, di quelle donne, migliaia, che in barba alle quote rosa e alle pacche paternalistiche sulle spalle (quando va bene), si impegnano ogni giorno per tradurre i loro percorsi professionali ed esistenziali in un linguaggio politico, partecipando in prima persona alle attività della “normale” vita democratica in questo Paese. E allora, un po’ per ricordare questa presenza spesso silenziosa (ma il silenzio è d’oro, forse ancora di più nell’era degli strombazzamenti mediatici), e un po’ per ricordare a noi stesse che quello che facciamo non è poi così “banale”, vorremmo sottolineare che lo staff che ruota attorno a Luisa Capelli, che la appoggia in questa sua avventura europea, la sostiene con professionalità, impegno e molta, molta autoironia, è uno staff al femminile: Francesca, Giusy, Katja, Paola e molte altre hanno invaso la casa di Luisa e si sono lasciate invadere dall’entusiasmo del suo progetto politico, ne condividono la passione, il rigore intellettuale e il senso di responsabilità… senza mai perdere il sorriso!

Se volete conoscere qualcosa di loro e trovarne i recapiti, cliccate qui.

Un Corso di Laurea “messo a tacere”

Dal 2005 insegno “Economia e gestione delle imprese editoriali” all’Università di Tor Vergata. Il Corso, che fino al 2007 si è chiamato Laurea Specialistica in “Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo”, dal 2008 è divenuto Laurea Magistrale in “Informazione e sistemi editoriali”, come previsto dal nuovo ordinamento.

L’esperienza che ho avuto l’opportunità di vivere insegnando in questo Corso è stata spesso faticosa, sommandosi alla direzione della casa editrice, un lavoro per me già tanto impegnativo. È stata a volte divertente, quando con gli studenti abbiamo condiviso con intelligente ironia la capacità di osservare il mondo con occhio attento e critico. È stata sempre stimolante, ancor più quando avvertivo uno scarto tra quanto andavo raccontando e l’assenza di una partecipazione attiva durante le lezioni.

Ho scoperto la passione per la didattica, una pratica che solo marginalmente, e in contesti assai diversi, avevo frequentato in passato. Ne ho potuto apprezzare la continua sollecitazione a misurarsi con le proprie convinzioni, la necessità di imparare a comprendere per spiegare, il richiamo al rigore e alla sistemazione delle proprie idee ed esperienze: faccende utili per me, prima di poterlo diventare per gli studenti.
Ho anche potuto apprezzare e condividere, pur tra le molte difficoltà che ne hanno segnato la vita in questi anni, l’impegno con il quale il Corso è stato orientato e diretto, ponendo una costante attenzione agli studenti, ai loro bisogni ma più ancora ai loro diritti.

Non è dunque per caso che il Corso, nonostante la sua breve vita, abbia ottenuto risultati rilevanti: uno dei corsi migliori della Facoltà per numero di iscritti (551 in 4 anni), percentuale dei laureati (58,7% nel biennio 2006/2008, un dato superiore alla media nazionale), qualità della didattica.

Ci si aspetterebbe che la Facoltà investisse su un Corso con tali caratteristiche, per esempio impegnandosi a integrare e sostituire, con un maggior numero di insegnamenti di ruolo, l’eccessiva presenza di docenti “a contratto”, presenza peraltro necessaria a garantire quella pluralità di conoscenze, competenze, sguardi che una Laurea di secondo livello dovrebbe proporsi come vincolo irrinunciabile.
Invece accade il contrario. Il 6 maggio scorso, durante la riunione dei presidenti dei Corsi di Laurea, il Preside ha proposto di “mettere a tacere”, per il prossimo anno, “Informazione e sistemi editoriali”; e di annetterlo a quello di “Progettazione e gestione dei sistemi turistici” (la ragione di tale scelta ha il sapore di una beffa ulteriore; qui l’elenco di tutti i Corsi di Laurea Magistrale) a partire dall’a.a. 2010/2011.
La decisione, se non sarà scongiurata, verrà votata dal prossimo Consiglio di Facoltà, martedì 12 maggio.

Ecco, se ho scelto di accettare la candidatura con l’Idv è anche perché in Italia questo può divenire un evento nella norma, qualcosa di cui non stupirsi, per cui non indignarsi e ribellarsi. Qualcosa che, operando quotidianamente sulla nostra pelle, crea i presupposti per le “riforme” peggiori, i tagli indiscriminati, le astratte invocazioni di un merito perduto chissà dove. Ma un atto come questo funziona soprattutto come dispositivo che mortifica e assoggetta, facendo apparire vana ogni forma di resistenza; e rende la formula “mettere a tacere” sinistramente adeguata nel restituire il senso di precise scelte di politica culturale.

Buon primo maggio a tutti i precari

Corto precario, di Laura Laakso:

Immagine anteprima YouTube

Università: quanto ci costa studiare

Poco più della metà degli iscritti all’Università italiana è in regola con il corso di studi. Il 47% è rappresentato da chi ha abbandonato, è fuori corso o ripetente e anche i laureati diminuiscono del 2%: per la prima volta da quando è in vigore il così detto 3+2 (fonte MUR).

Ma anche le immatricolazioni calano: per l’anno accademico 2008/09 -4,4% rispetto all’anno precedente. Solo il 67% dei diplomati (che invece aumentano) ha scelto di iscriversi all’università l’anno scorso, contro il 75% dell’anno prima.

Bamboccioni che restano a casa a far nulla (giacché il lavoro non è che abbondi, là fuori dalle aule accademiche…)? Fannulloni i professori che non riescono ad attrarli? Varrebbe la pena riflettere meglio su altri dati, per esempio il costo che affrontano le famiglie per gli studi universitari.

Tra il 2002 e il 2007, a fronte di un incremento del 22% (prima delle defezioni viste sopra), la spesa affrontata dagli studenti è passata da 1 miliardo e 100 milioni di euro a 2 miliardi e 79 milioni (l’89% in più). Di questi oltre 2 miliardi, una minima parte, 260 milioni, sono stati spesi per incrementare i servizi a favore degli studenti (borse di studio, prestiti, alloggi, ecc.).

Mentre si pontifica sulla necessità di mettersi al passo con i tempi (efficienza, competitività, ecc.) e si magnificano le virtù dell’innovazione (ma quale? in quale direzione?), si riducono le risorse, soprattutto quelle che, direi “naturalmente”, dovrebbero tornare, sotto forma di servizi e prestazioni ai legittimi destinatari.

Non c’è da stupirsi, dunque, se le decisioni assunte dal governo (contenute nella famigerata legge 133/2008) siano state vissute come la goccia che fa traboccare il vaso, e nell’autunno scorso si sia sollevata la ribellione degli studenti (e di molti docenti).

Aprirò un confronto su quanto sarà possibile fare, dal Parlamento europeo, per invertire scelte politiche nefaste, non solo per il sistema formativo e la ricerca, ma per il futuro stesso del nostro Paese: lo farò a partire da coloro che considero i primi interlocutori per qualsiasi intervento che riguardi l’università, gli studenti.

PageLines