Appelli, donne e politica

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Anche io sono indignata dal modo in cui il presidente del Consiglio in carica offende quotidianamente le donne: la loro intelligenza, il loro talento, il loro corpo. Vorrei che Silvio Berlusconi si dimettesse per molte ragioni, non ultima la sua personale responsabilità nell’avere, attraverso il controllo dei media, contribuito a diffondere linguaggio e sentimenti umilianti, sprezzanti e volgari per tutti, non solo per le donne.

Proprio per questo non riesco a firmare l’ennesimo appello lanciato, attraverso le pagine della Repubblica, contro la “cretinizzazione delle donne, della democrazia, della politica” di cui il premier è massima espressione.

Espressione massima, non solitaria. Poiché noi donne, nel nostro Paese, subiamo ogni giorno, e negli ultimi decenni in modo più scoperto e violento, quelle umiliazioni e quelle offese.
Le subiamo nel mondo del lavoro, discriminate e costrette ad accettare trattamenti economici e di carriera senza motivo inferiori a quelli degli uomini.
Le subiamo nel mondo dello studio e della ricerca, dove le posizioni e i riconoscimenti più elevati sono quasi esclusivo appannaggio degli uomini.
Le subiamo nelle famiglie, dove avvengono il maggior numero di violenze contro le donne (violenze psicologiche, oltre che fisiche).
Le subiamo nel confronto con l’istituzione sanitaria, quando il diritto all’autodeterminazione in caso di aborto e di scelte riproduttive ci viene reso sempre più difficile se non impossibile.
Le subiamo nella vita politica, dove la presenza delle donne è invocata a parole ma costantemente ostacolata nei fatti.
Infine, le subiamo ogni minuto nelle trasmissioni televisive, nei manifesti pubblicitari, sulle pagine dei giornali, con i nostri corpi denudati e sezionati come carne da macello.

Silvio Berlusconi non è che un importante ispiratore, nonché lieto utilizzatore, di questo scempio. Mandare via lui, fermarlo, come scrivono le autrici dell’appello, non ci riporterà d’un tratto a condizioni di civiltà e libertà.

Allora vorrei chiedere, anzitutto ai promotori degli appelli di questi giorni, che si impegnino da subito attivamente a rappresentare l’impegno, il talento, l’immagine delle “donne della realtà”, e che questo compito non sia affidato solo alle donne.

Come scriveva quasi un secolo fa Virginia Woolf ne Le tre ghinee: “il modo migliore per aiutarvi (…) non è di ripetere le vostre parole e seguire i vostri metodi, ma di trovare nuove parole e inventare nuovi metodi. (…) il fine è il medesimo: affermare il diritto di tutti – di tutti gli uomini e di tutte le donne – a vedere rispettati nella propria persona i grandi principi della giustizia, dell’uguaglianza e della libertà”.

Quando nelle copertine, sui manifesti e nei talk show inizieranno a comparire le precarie, le operaie, le insegnanti, le lesbiche e le madri, anche quelle brutte, basse e non più giovani, allora manderemo davvero a casa Berlusconi, perché avremo sconfitto le idee che lui rappresenta.